Non scomodiamo sociologi, filosofi o psicologi. Forse quella tanto agognata risposta alla perenne, granitica domanda: “Chi siamo, realmente?”, non la troveremo mai!
Luigi Pirandello lo ha esplicitamente detto in tutte le salse, da quella teatrale a quella novellistica, finanche poetica. E oggi, con molta probabilità, sarebbe stato ancora più geniale, con i mezzi comunicativi a nostra disposizione, rivelando con ancora più schiettezza la mediocrità che ci circonda e che condisce, il più delle volte, il mondo dei social.
Ma tant’è, preferiamo continuare a goderci l’opera pirandelliana direttamente dalle poltrone di un teatro, meglio ancora se questo è lo Stabile di Catania, che torna grintoso più che mai con una stagione all’insegna dei grandi Miti del palcoscenico.
Il “Così è (se vi pare)”, che ha appena concluso le sue date, è tornato a Catania con la firma alla regia di Luca De Fusco e con attori che hanno onorato l’inchiostro del Maestro agrigentino.
Intendiamoci, il godimento artistico è stato impastato, dall’inizio alla fine, di amare riflessioni che ciascun spettatore (ne siamo più che certi!) ha elaborato dentro di sé almeno per qualche minuto durante la rappresentazione e anche fuori, una volta conclusa. E non è già questo uno scopo principe dell’Arte? Educare ed educare alla riflessione? Al miglioramento di noi stessi?
“Chi siamo, realmente?”. La domanda rimane sospesa, né i bravi interpreti come Eros Pagni (Lamberto Laudisi), Anita Bartolucci (la Signora Frola) o Giacinto Palmarini (il Signor Ponza), né tantomeno l’intero “gruppetto” di curiosi ficcanaso (rappresentanti di un’intera società, all’epoca come oggi!), costituito da Paolo Serra (il Consigliere Agazzi), Lara Sansone (la Signora Amalia) e tutti gli altri della comitiva, possono rispondere.
Il parallelismo col mondo attuale, contemporaneo, condito dai social network e non solo, è stato già intelligentemente sottolineato dallo stesso regista nell’introdurre la messa in scena. E allora, forse, una risposta la troviamo, anche se non è quella che abbiamo cercato finora. Siamo tutti, almeno un po’, colpevoli della falsità che ci circonda, tutti un po’ ingredienti e condimenti della mediocrità che pervade il mondo, da quello della comunicazione a tutti gli altri settori.
Né potrebbe aiutarci una ipotetica Signora Ponza (dal palco di Catania interpretata da Irene Tetto, nei panni anche della Signora Cini): che cosa è la verità? Per la madre di lei, una; per il marito di lei, un’altra; per il gruppetto di curiosi (la società), probabilmente entrambe; e per lei stessa? Nessuna! Nessuna verità!
L’unico che sembra (ripetiamo, sembra!) attutire un po’ le incertezze della vita (quella reale? quella rappresentata sulla scena?), è Laudisi (l’impeccabile Eros Pagni, che si muove in scena con la naturalezza di chi ci ha sempre vissuto, tra grande schermo ed assi di legno dei palcoscenici). Una sicurezza tradotta in sorrisi, ghigni, sguardi attenti, più o meno velate e colte prese in giro di chi, come il resto del mondo, crede di sapere, di conoscere, di comprendere, ma nulla sa, in realtà. Un Laudisi che dobbiamo, dunque, ringraziare, per averci ricordato di fare come gli Spartani: sorridere, anche sotto il morso della volpe! Un po’ come noi, che cerchiamo di sorridere, sotto i morsi della vita! Ah, chiaramente… ringraziando Laudisi, ringraziamo tramite lui il Maestro, che immaginiamo sempre sereno nel suo lucidissimo Caos…
(Crediti foto: Antonio Parrinello)